L’eco del nulla di un Epicureo saggio
Sotto un cielo plumbeo, l’anziano mendicante fissava il brulicare frenetico della città. Volti sconosciuti si intrecciavano in una danza incessante, ognuno immerso nella propria bolla di urgenze e desideri. Un fiume di vite che scorreva impetuoso, ignaro della propria caducità.
Un sorriso triste increspò le labbra del vecchio. Aveva vissuto abbastanza da sapere quanto fosse effimera l’esistenza umana. Un battito d’ali di farfalla nell’immensità del tempo. Eppure, la maggior parte delle persone si affannava come se la vita fosse eterna, come se ogni attimo non fosse un dono prezioso da custodire.
“Perché sprecare tempo e fiato per accontentare tutti?”, mormorò tra sé. “L’approvazione altrui è come un fiore di campo: sboccia al mattino e appassisce al tramonto.”
Si chiuse il mantello liso attorno alle spalle, cercando riparo dal vento gelido. I suoi occhi, stanchi di aver visto troppo, si posarono sul panorama urbano. Palazzi svettanti, strade affollate, luci accecanti. Un monumento all’ambizione umana, destinato a sgretolarsi sotto l’usura del tempo.
“Un giorno”, pensò, “anche questa città sarà solo un ricordo, un’eco del nulla. E di noi, di tutti noi, non rimarrà che un vago sussurro nella memoria.”
Un senso di pace profonda lo pervase. La consapevolezza della propria mortalità non era motivo di angoscia, ma piuttosto un invito a vivere il presente con pienezza e autenticità. A liberarsi dalle catene dell’approvazione altrui e abbracciare la propria unicità.
Con un passo leggero, quasi fosse sospeso nell’aria, il vecchio mendicante si immerse nella folla. Non più invisibile, ma parte integrante di quel brulicare frenetico. Un testimone silenzioso della bellezza e della fragilità della vita.
Ogni sorriso, ogni parola gentile, ogni gesto compassionevole era un seme gettato nel vento. Un seme che, forse, un giorno, avrebbe germogliato in un cuore stanco e gli avrebbe ricordato la preziosità di ogni singolo istante, l’eudemonia di una vita breve.
Ο θνητός απόηχος ενός σοφού Επικούρειου
Κάτω από έναν μολυβένιο ουρανό, ο ηλικιωμένος ζητιάνος κοίταξε τον ξέφρενο θόρυβο της πόλης. Άγνωστα πρόσωπα μπλέκονται σε έναν αδιάκοπο θορυβώδη χορό, το καθένα βυθισμένο στη δική του φούσκα επειγόντων περιστατικών και επιθυμιών. Ένα ποτάμι ζωών που κυλούσε ορμητικά, αγνοώντας τη δική του παροδικότητα.
Ένα λυπημένο χαμόγελο λύγισε τα χείλη του γέρου. Είχε ζήσει αρκετά για να ξέρει πόσο εφήμερη ήταν η ανθρώπινη ύπαρξη. Ένα χτύπημα από φτερά πεταλούδας στην απεραντοσύνη του χρόνου. Ωστόσο, οι περισσότεροι άνθρωποι μόχθησαν σαν να ήταν η ζωή αιώνια, σαν να μην ήταν κάθε στιγμή ένα πολύτιμο δώρο που έπρεπε να αγαπηθεί.
«Γιατί να χάνουμε χρόνο και ανάσα για να ευχαριστήσουμε τους πάντες;», μουρμούρισε μέσα του. «Η έγκριση των άλλων μοιάζει με αγριολούλουδο: ανθίζει το πρωί και μαραίνεται με το ηλιοβασίλεμα».
Έκλεισε τον μανδύα του γύρω από τους ώμους του, αναζητώντας καταφύγιο από τον παγωμένο άνεμο. Τα μάτια του, κουρασμένα από το να δει πολλά, έπεσαν στο αστικό τοπίο. Στα ύψη τα κτίρια, οι πολυσύχναστοι δρόμοι, τα εκτυφλωτικά φώτα. Ένα μνημείο της ανθρώπινης φιλοδοξίας, που προορίζεται να καταρρεύσει κάτω από τη φθορά του χρόνου.
«Μια μέρα», σκέφτηκε «και αυτή η πόλη θα είναι απλώς μια ανάμνηση, ένας απόηχος του τίποτα. Και από εμάς, από όλους μας, τίποτα δεν θα μείνει παρά ένας αόριστος ψίθυρος στη μνήμη».
Μια αίσθηση βαθιάς γαλήνης τον διαπέρασε. Η επίγνωση της δικής του θνητότητας δεν ήταν αιτία αγωνίας, αλλά μάλλον πρόσκληση να ζήσει το παρόν με πληρότητα και αυθεντικότητα. Για να απελευθερωθείς από τις αλυσίδες της επιδοκιμασίας των άλλων και να αγκαλιάσεις τη δική σου μοναδικότητα.
Με ένα ελαφρύ βήμα, σαν να ήταν κρεμασμένος στον αέρα, ο γέρος ζητιάνος βυθίστηκε στο πλήθος. Όχι πια αόρατο, αλλά αναπόσπαστο μέρος αυτού του ξέφρενου σμήνους. Ένας σιωπηλός μάρτυρας της ομορφιάς και της ευθραυστότητας της ζωής.
Κάθε χαμόγελο, κάθε ευγενική λέξη, κάθε συμπονετική χειρονομία ήταν ένας σπόρος που πετάχτηκε στον άνεμο. Ένας σπόρος που, ίσως, μια μέρα, θα φύτρωνε σε μια κουρασμένη καρδιά και θα του θύμιζε την πολυτιμότητα της κάθε στιγμής, την ευδαιμονία ενός πεπερασμένου βίου.
CHE COS’E’ L’INFELICITÀ?
ESISTE UN RIMEDIO?
L’ateniese Epicuro, noto per la “Lettera sulla felicità” a Meneceo, sosteneva che causa dell’ infelicità fossero quattro fattori:
1) la paura degli dei;
2) la paura della morte;
3) il dolore;
4) l’assenza del piacere.
Si tratterebbe dei quattro mali dell’animo, ai quali unico rimedio è la Filosofia come “ tetrafarmaco”: solo la filosofia può liberarci dai quattro mali “spiegandoci” che
1. non bisogna temere gli dei perché essi non si interpongono affatto nella vita degli uomini;
2. non bisogna angosciarsi e temere la morte perché, quando essa subentrerà, non non ci saremo più e viceversa. Neppure la nostra anima, che – come per Democrito- si disgregherà in seguito alla morte del corpo per separazione degli atomi, potrà sentire la morte; quindi non ha senso temerla! La morte corrisponde al nulla e il nulla non si avverte; la morte non può farci che nulla!
3. Non bisogna inoltre farsi vincere dal dolore, bisogna invece fare esercizio di virtù, giacché il dolore afferisce alla sfera morale: Epicuro suggerisce di perseguire il bene morale attraverso l’esercizio dell’aponia (assenza di dolore fisico) e dell’atarassia (assenza di dolore dell’animo, imperturbabilità).
4. La questione dell’assenza del piacere, poi, è strettamente connessa alla faccenda del dolore: “ Quando diciamo che il piacere è il bene completo e perfetto, non ci riferiamo affatto ai piaceri dei dissoluti, come credono alcuni che non conoscono o non condividono o interpretano male la nostra dottrina; il piacere per noi è invece non avere dolore nel corpo né turbamento nell’anima. Infatti non danno una vita felice né i banchetti né le feste continue, né il godersi fanciulli e donne, né il godere di una lauta mensa. La vita felice è invece il frutto del sobrio calcolo che indica le cause di ogni atto di scelta o di rifiuto, e che allontana quelle false opinioni dalle quali nascono grandissimi turbamenti dell’animo. La prudenza è il massimo bene ed il principio di tutte queste cose. Essa insegna che non ci può essere vita felice se non è anche saggia, bella e giusta; e non v’è vita saggia, bella e giusta che non sia anche felice. Le virtù sono infatti connaturate ad una vita felice, e questa è inseparabile dalle virtù”.
E allora?
Allora “vivi nascosto”! – sentenzia Epicuro.
Vivi con distacco la vita “politica”, perché essa ti provoca tensione e ti induce a cercare piaceri che non sono né naturali né necessari. Non è un invito alla asocialità!
Epicuro , ad esempio, non rinnega affatto l’amicizia.
Suggerisce invece il “distacco emotivo” da ciò che ci crea tensione, angoscia, sofferenza.
Solo l’esercizio virtuoso, razionale, conduce alla “eudaimonia”, stato di grazia della psiche e del corpo!