Giorgos Seferis: Premio Nobel per la letteratura 1963

24 ottobre 1963 Ghiorgos Seferis (pseudonimo di Ghiorgos Seferiadis) viene insignito del premio Nobel per la Letteratura “per la sua scrittura essenzialmente lirica, ispirata a un profondo senso del mondo greco e della sua cultura”. Giorgos Seferis fu il primo Nobel per la letteratura greco con Odisseo Elitis in seguito.

24 Οκτωβρίου 1963, ο Γιώργος Σεφέρης (πραγματικό όνομα: Γεώργιος Σεφεριάδης, Βουρλά, Σμύρνη, 29 Φεβρουαρίου/13 Μαρτίου 1900 – Αθήνα, 20 Σεπτεμβρίου 1971) Έλληνας διπλωμάτης και ποιητής και ο πρώτος Έλληνας που τιμήθηκε με Νόμπελ Λογοτεχνίας. Είναι ένας από τους σημαντικότερους Έλληνες ποιητές και εκ των δύο μοναδικών Ελλήνων βραβευμένων με Νόμπελ, μαζί με τον Οδυσσέα Ελύτη.

Giorgos Seferis: Premio Nobel per la letteratura 1963

Nato: 13 marzo 1900, Smirne, Impero ottomano (ora Izmir, Turchia)

Morto: 20 settembre 1971, Atene, Grecia

Residenza al momento del premio: Grecia

Motivazione del premio: “per la sua eminente scrittura lirica, ispirata da un profondo sentimento per il mondo culturale ellenico”

Lingua: greco

Quota del premio: 1/1

https://www.nobelprize.org/prizes/literature/1963/seferis/facts/

Vita: Giorgos Seferis nacque in quella che allora era Smirne, parte dell’Impero ottomano. All’età di 14 anni, lui e la sua famiglia si trasferirono ad Atene. Nel 1918 si trasferirono a Parigi e Seferis iniziò a studiare legge all’Università di Parigi e si interessò alla letteratura. Tornò ad Atene nel 1925 e iniziò una lunga carriera diplomatica. Durante la seconda guerra mondiale, Seferis accompagnò il governo greco libero in esilio e tornò ad Atene liberata nel 1944. Continuò a prestare servizio come diplomatico prima di andare in pensione.

Opera: I numerosi viaggi del poeta greco Giorgos Seferis come diplomatico forniscono lo sfondo per gran parte della sua scrittura, che è piena di temi di alienazione, vagabondaggio e morte. La sua prima raccolta di poesie, Turning Point, fu pubblicata nel 1931. Le poesie successive di Seferis, ad esempio Mythistorema (1935) e Imerologio Katastromatos I–III (1940–1955) (Logbook I–III), spesso intrecciano il discorso e l’esperienza contemporanei con il mito omerico.

“Appartengo ad un piccolo paese. Un promontorio roccioso nel Mediterraneo, niente lo contraddistingue se non gli sforzi della sua gente, il mare e la luce del sole. E’ un piccolo paese, ma la sua tradizione è immensa ed è stata tramandata nel corso dei secoli senza interruzione. La lingua greca non ha mai cessato di essere parlata. E’ passata attraverso tutti quei cambiamenti attraverso cui passano le cose viventi, ma non c’è mai stata una frattura. Questa tradizione è caratterizzata dall’amore per l’umano”

“Se leggo in Omero queste semplici parole: «φάος ηελίοιο» (oggi si dice φως του ήλιου, la luce del sole), sento una familiarità più vicina a un’anima collettiva che a uno sforzo di conoscenza. E’ una nota, per così dire, i cui armonici vanno ben lontano, un tocco ben diverso da quello che può dare una traduzione. Perché infine parliamo la stessa lingua – e il senso della lingua riguarda le emozioni quanto la conoscenza. Una lingua alterata, se vogliamo, da un’evoluzione plurimillenaria, ma malgrado tutto fedele a se stessa”.

Sedici anni dopo, nel 1979, e sulla stessa falsariga, il secondo premio Nobel greco, Odisseas Elitis, diceva nel suo discorso all’Accademia svedese:

“Mi è stato concesso, cari amici, di scrivere in una lingua parlata solo da qualche milione di persone. E purtuttavia una lingua parlata da duemilacinquecento anni senza interruzione e con differenze minime. Questo scarto spazio-temporale, in apparenza sorprendente, trova il suo corrispettivo nelle dimensioni culturali del mio paese. Che è ridotto nella sua area spaziale, ma infinito per estensione temporale”

Video: Discorso di Seferis all’assegnazione del premio Nobel nel 1963.

Nell’ambito della poesia neogreca del Novecento, il nome di Ghiorgos Seferis, accanto a quelli di Ghiannis Ritsos e Odisseas Elitis, occupa senza dubbio una posizione di grandissimo rilievo. Giorgos Seferis, nato a Smirne nel 1900, compì studi di giurisprudenza Parigi, intraprendendo una carriera diplomatica che si concluse nel 1965, come ambasciatore a Londra. Gli impegni pubblici e i tragici eventi storici lo costrinsero a viaggiare con grande frequenza. Un vagare che r fece mettere radici in Seferis il sentimento dell’esilio, soprattutto in seguito agli avvenimenti dopo il “Trattato di Losanna” del 1923: infatti, la popolazione greca dell’Asia Minore fu costretta a un esodo vissuto come un’umiliazione. Egli incarna il viaggio dello spirito umano alla ricerca di memoria e identità. Nato e cresciuto in un contesto turbolento caratterizzato da guerre e migrazioni, la sua poesia riflette sulle radici culturali del Mediterraneo e sulle esperienze di esilio.

Il ruolo di diplomatico ricoperto da Seferis ha arricchito la sua visione del mondo, permettendogli di esplorare temi come la perdita e la redenzione. La sua opera è un tentativo di riconciliare il passato con il presente, attraverso una narrativa che fonde storia personale e collettiva. Nelle “rupi naufraghe del tempo“, Seferis raccoglie frammenti di ricordi trascorsi, in un viaggio che non è soltanto fisico ma anche emotivo e intellettuale. I suoi versi evocano la resilienza dell’uomo di fronte alle rovine della storia, suggerendo che anche tra le rovine c’è spazio per germogli di speranza. In mezzo ai disastri e alle incertezze storiche, Seferis prospetta una possibile rinascita. Attraverso la sua scrittura, invita a guardare oltre le difficoltà attuali, verso un futuro che, anche se incerto, può essere migliore, tenendo viva la fiamma della memoria e dell’eredità culturale collettiva.

“Ancora poco e vedremo i mandorli fiorire i marmi splendere al sole il mare frangersi in onde; ancora poco, solleviamoci ancora un po’ più su”.

 

 

Elena Cannata

Educatore professionale, dottoressa in Scienze Politiche 

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