Si stabilirono principalmente nel sud Italia, in regioni come la Calabria, la Sicilia, la Basilicata, la Puglia, il Molise e l’Abruzzo.
Gli Arbëreshë parlano una variante dell’albanese, conosciuta come arbëresh, che conserva molte caratteristiche dell’albanese medievale. La lingua è stata mantenuta viva attraverso le generazioni, anche se l’italiano è ormai predominante. Si stima che ci siano circa 100.000 parlanti bilingui, ma almeno il doppio di persone originarie che hanno abbandonato usi e costumi, soprattutto a partire dagli anni ’20. Lingua e cultura godono della protezione riservata alle minoranze.
Gli Arbëreshë hanno preservato molte tradizioni culturali, religiose e folcloristiche albanesi. Le celebrazioni religiose, spesso legate alla Chiesa cattolica di rito bizantino, sono un elemento distintivo della loro identità culturale.
L’origine del nome e il Principato di Arbanon:
Arbëresh, italianizzato in Arbanon, deriva da una regione storica (mappa) dei Balcani che fu sede di un ominimo principato fra 1190 e il 1255 incentrato sulla città di Croia.
Inizialmente, il territorio bizantino divenne di fatto indipendente, pur rendendo omaggio a Costantinopoli, nel 1190 sotto la dinastia locale dei Progoni, che ottennero il titolo di “ἄρχων”, “arconte” dalla capitale. Dopo il disastro del 1204, il principato fu formalmente indipendente fino a quando non accettò – pur restando autonomo – la dominazione di Michele Ducas d’Epiro, passando poi sotto il controllo dei Paleologi di Nicea.
Dopo i Progoni, divenne governatore Gregorio Camona (1215), infine un nobile locale di nome Golem (granitico!). Attorno al 1255, l’impero di Nicea decise di avere un controllo più diretto sul suo vassallo Arbanon, rimosse Golem e nominò una serie di governatori mandati direttamente da Costantinopoli.
Gli Arbëresh sono quindi “quelli che vengono da Arbanon”, che iniziarono una serie di migrazioni in Italia prima come soldati stipendiati, poi come profughi a partire dal XV secolo.
Gli italiani, in particolare Veneti, usavano questo termine per riferirsi agli albanesi in generale, non necessariamente provenienti da Arbanon, ma anche per esempio dagli stessi dominii veneti poco distanti.
Il termine Arbanon è di origine incerta; verosimilmente deriva dal greco “Ἀλβανοί”, che indica una tribù illirica presente in loco svariati secoli prima. Questa scelta segue la prassi bizantina di “riciclare” nomi di vecchi popoli per quelli nuovi. Per esempio, i Franchi vengono chiamati “Celti” o I Peceneghi “Sciti”.
La controversia su greco-albanesi: E ora ci arriviamo al punto dolente! In passato, gli Arbëresh venivano chiamati greco-albanesi o semplicemente greci e molte località dove si insediarono ebbero nomi in questo senso (per esempio “piana dei greci”, poi piana degli albanesi). Benchè questo può indurre le menti più semplici a facili complotti, facciamo chiarezza.
Gli antenati degli Arbëresh usavano la loro lingua, ma usavano anche il greco come lingua alta di diplomazia e commercio, specie negli scambi con gli stranieri. Inoltre, i Veneti consideravano tutti i territori del mondo bizantino come “Grecia”, anche se erano abitati da genti non greche. Infine, gli Arbëresh hanno (e seguono tutt’ora) la chiesa di rito bizantino, chiamata dai veneti “chiesa greca“… questo ha contribuito a rafforzare il fatto che fossero greci di liturgia, ma non certo etnicamente, esclusivamente inteso nella fede.
Quando nascono gli Arbëresh: Come accennato, i primi antenati degli Arbëresh che giungono in Italia sono soldati stipendiati dal regno di Napoli e da Venezia, tenuti in gran considerazione per le loro doti guerresche. Con l’avanzare della potenza ottomana, inizia una fuga verso terre sicure di veri e propri profughi… il processo di “nascita” è quindi piuttosto lungo.
Il momento più significativo è però la spedizione italiana di Scanderbeg (1460-62). Il famoso sovrano aiuta il re di Napoli a sconfiggere una coalizione di ribelli e in cambio ottiene dei territori “in feudo” nel nord della Puglia, dove vengono insediati coloni, in massima parte ex soldati della spedizione per quindici villaggi.
Dopo la morte di Scanderbeg, la migrazione divenne maggiormente massiva e relativa a tutti gli strati sociali della popolazione, in particolare a partire dal 1478.
Papa Paolo II, scriveva a proposito di questi profughi: “Le città che finora avevano resistite al furore dei Turchi sono oramai tutte cadute o in loro potere [—] non si può senza versare lagrime contemplare queste navi che partite dalla riva albanese si riparano nei porti d’Italia, e queste famiglie ignude, meschine, che scacciate dalle loro abitazioni stanno sedute sulla riva del mare stendendo le mani al cielo”
Le ultime migrazioni sono datate 1500-1534 e riguardano ovviamente il restringersi dei territori veneti a favore dei Turchi e la conseguente fuga verso l’Italia. Dopo questa data non assistiamo a ulteriori spostamenti significativi.