Italia: Terra Ostile all’Innovazione

Italia: Terra Ostile all’Innovazione, Cervelli in Fuga ed Economia Debole, di analfabetismo funzionale e digitale

L’Italia, un sistema ostile all’impresa innovativa di ricerca e applicazione tecnologica. Un quadro ben triste emerge da un’analisi approfondita del nostro Paese, dove, nonostante la brillante mente di Federico Faggin e la sua invenzione del microprocessore negli anni ’70, l’ecosistema imprenditoriale non è riuscito a fiorire.

Faggin merita senza dubbio tutti gli onori, ma l’Italia, purtroppo, ne ha ben pochi. Il microprocessore, infatti, è stato sviluppato esclusivamente negli Stati Uniti, nonostante in Italia ci fossero aziende con le potenzialità per farlo.

Era un problema di conoscenze? La tecnologia Mos era ben nota, sia negli Stati Uniti che alla italiana SGS, dove Faggin fu inizialmente assunto e formato.

Il problema è ben altro: l’incapacità dell’Italia di creare un numero sufficiente di startup ad alta tecnologia. Un problema che affligge il Paese da decenni, persistendo ancora oggi nonostante i numerosi tentativi di risolverlo da parte dei governi.

L’intervento statale, diretto e indiretto, non ha mai funzionato. Lo statalismo, spesso con impronta familiare a successione ereditaria baronale, con la sua ideologia di controllo e burocrazia, non ha mai favorito la mobilità delle idee e capacità, non riconosce i meriti di chi lavora nei garage e scopre la ricchezza mondiale, con la nascita di startup innovative di massa.

I numeri parlano chiaro: in Italia, sviluppare un’impresa innovativa ad alta tecnologia costa 10 volte più che in Germania e 15 volte più che in Francia. Una legislazione ostile, una burocrazia inefficiente e una tassazione elevata completano il quadro desolante.

Le conseguenze sono drammatiche: un crollo del 51% degli investimenti nel 2023, fuga dei migliori talenti all’estero e un’economia impoverita che si affida a produzioni convenzionali a basso valore aggiunto.

L’Italia è un incubatore di idee, ma non di imprese innovative. Un sistema ostile che strozza le potenzialità del Paese e lo relega ai margini della competizione globale.

Se non si inverte la rotta, il futuro dell’Italia sarà fosco. È necessario un cambio politico e mentalità diffusa, di paradigma radicale, che valorizzi l’innovazione, l’imprenditorialità e la libera iniziativa privata, coltivare i talenti. Solo così l’Italia potrà finalmente liberare il suo potenziale creativo e diventare un protagonista di primo piano nel panorama economico mondiale post-industiale, ad altissimo tasso di conoscenza e competenza informatica digitale.

Purtroppo, in Italia il sistema scolastico ed universitario non riescono ad educare i giovani al mondo aperto delle competenze, dei valori fluidi in costante formazione per sintesi e contaminazioni.

L’Italia è nei primi posti in Europa nelle statistiche di analfabetismo funzionale e digitale. Un dato allarmante che dipinge un quadro preoccupante del livello di istruzione e competenze digitali nel nostro Paese.

L’analfabetismo funzionale, ovvero l’incapacità di comprendere e utilizzare appieno le informazioni scritte e di applicarle nella vita quotidiana, colpisce circa il 28% della popolazione tra i 16 e i 65 anni.

Cifre ancora più drammatiche si registrano per l’analfabetismo digitale: ben il 64% della popolazione nella stessa fascia d’età non è in grado di utilizzare internet in modo complesso e diversificato.

Le conseguenze di questo divario digitale sono pesanti: difficoltà di accesso ai servizi online, esclusione dal mondo del lavoro, impossibilità di fruire appieno di opportunità di formazione e cultura.

Le cause di questa situazione sono molteplici: un sistema scolastico che non ha saputo stare al passo con i tempi, una carenza di investimenti nella formazione digitale, un divario socio-economico che penalizza le fasce più fragili della popolazione.

Cosa fare? È necessario un impegno concreto da parte di tutte le istituzioni per invertire questa rotta.

  • Investire nella scuola: potenziare l’educazione digitale fin dai primi anni di istruzione, formando docenti adeguatamente preparati.
  • Promuovere la formazione continua: offrire corsi gratuiti o a prezzi accessibili per aggiornare le competenze digitali dei cittadini.
  • Colmare il divario digitale: garantire un accesso equo a internet e alle tecnologie digitali a tutti i cittadini.

L’Italia non può permettersi di rimanere indietro in un mondo sempre più digitalizzato. L’alfabetizzazione funzionale e digitale sono competenze essenziali per il futuro del Paese.

È necessario un cambio di paradigma culturale e un impegno concreto da parte di tutti per costruire un’Italia più digitale e inclusiva. Solo così potremo sfruttare appieno le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie e garantire un futuro migliore alle nuove generazioni.

Oltre alle statistiche già citate, ecco alcuni dati che evidenziano la gravità della situazione:

  • Il 30% della popolazione italiana non utilizza mai internet.
  • Il 40% degli italiani non è in grado di effettuare un acquisto online.
  • Il 50% degli italiani non sa come utilizzare un foglio di calcolo.
  • L’Italia è al 23esimo posto su 28 nell’indice DESI. Digitalizzazione, Italia quartultima in Europa. Ma il vero dramma sono le competenze. L’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società, relega l’Italia al 25mo posto tra i 28 della UE: il “belpaese” riesce a peggiorare la propria (già pessima) posizione su competenze digitali, connettività e uso dei servizi Internet.

E’ tempo di agire! L’Italia ha bisogno di una rivoluzione digitale, tecnico-cognitiva ma soprattutto culturale per colmare il divario e garantire un futuro migliore a tutti i cittadini, in primis le giovani generazioni, i nativi di internet e già analfabeti digitali in massa! L’educazione passa dalle istituzioni pubbliche, ma anche dall’impegno di ogni singolo utente della rete, operatore della comunicazione, consapevole della condizione di povertà e rigidità del sistema e che sono in grado di contribuire attivamente.

Evangelos Alexandris Andruzzos – Fact Checker
Formatore, sociologo, giornalista, editore.
Consulente organizzazione e comunicazione.
Coordinatore di progettazione europea internazionale.

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