“Pashkët Arbëreshe në Sicili” La Pasqua GrecoAlbanese in Sicilia, Piana degli Albanesi (PA)
La Domenica di Pasqua, Pashkët, viene esposto ai fedeli un Santo Velo, un reliquiario ricamato e viene portata in processione un’icona secondo l’uso bizantino. Suggestivo è l’inno della Resurrezione, cantato ripetutamente durante l’Officio dell’Aurora (órthros), dell’innografo bizantino Giovanni Damasceno. Segue la liturgia di S. Giovanni Crisostomo, officiata dai Concelebranti avvolti nei preziosi paramenti sacri.
Il solenne Pontificale si conclude con un folto corteo di donne vestite con i caratteristici costumi albanesi del ‘400, che, dopo aver partecipato ai sacri e solenni riti, sfila per il Corso Kastriota raggiungendo la piazza principale. Al termine del corteo, in un tripudio di canti e colori, viene impartita dai papàs la benedizione (bekimi) seguita dalla distribuzione delle uova rosse (vetë të kuqe), simbolo della rinascita. Le uova rosse di Pasqua sono una tradizione a Piana che va avanti da secoli.
Cariche di simboli che richiamano la vita, la fertilità e la Resurrezione, le uova rosse, preparate per il Sabato Santo, sono mangiate dopo mezzogiorno, quando le campane riprendono a suonare mentre il profumo d’incenso inonda le case. Sono utilizzate anche per abbellire Panaret (Pani di Pasqua), e vengono distribuite ai fedeli e ai turisti la Domenica di Pasqua dopo la sfilata delle donne in costume tradizionale albanese e la benedizione (bekimi).
È una tradizione orientale del rito greco-bizantino e di tutte le famiglie arbëreshë di Piana degli Albanesi preparare le uova rosse (in albanese vetë të kuqe, in greco kokina avga) per festeggiare la Pasqua. I riti pasquali a Piana degli Albanesi sono molto suggestivi. Chiaro è il forte legame con l’antica appartenenza all’etnia e alla tradizione albanese, perpetuata anche nella vita di tutti i giorni, nei rituali religiosi e nella lingua. Qui da più di 500 anni si conservano gelosamente le peculiarità etniche, linguistiche, culturali e religiose d’origine.
Gli abitanti di Piana degli Albanesi, grazie alla loro tenacia e alle proprie istituzioni culturali e religiose, nel corso dei secoli hanno mantenuto inalterata la propria identità e le proprie radici culturali quali gli usi, le tradizioni, i caratteristici costumi femminili riccamente ricamati, la lingua albanese e il Rito Bizantino. Le manifestazioni religiose bizantine raggiungono il loro culmine nella celebrazione della Settimana Santa (Java e Madhe), evento religioso di fortissima spiritualità, il più grande avvenimento del calendario ortodosso. In essa, infatti, trova giustificazione tutto il discorso escatologico e ogni motivo di speranza, come canta il famoso inno del Christos anesti-Krishti u ngjall (Cristo è risorto).
Varia la Liturgia delle Ore, l’amministrazione dei Sacramenti (i Misteri), la Liturgia Divina, che ha due antichissimi formulari risalenti a S. Giovanni Crisostomo e a S. Basilio il Grande. Gli Uffici divini diventano più lunghi e solenni, intense letture si alternano al canto dei salmi, prostrazioni profonde allo stare in piedi, colori rossi e violacei sostituiscono nei paramenti quelli dorati. In questo contesto tutto ha un significato: i gesti, i canti, le processioni, i fiori, i profumi, gli incensi. Tutto si armonizza e concorre a celebrare l’unico Signore che muore e risorge per tutta la Chiesa.
(Graziano Lucito in Sicilia in festa – foto Cityxcape – PagFBLaPianadellebontà)
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In Sicilia, in provincia di Palermo, a Piana degli Albanesi, fino al 1941 Piana dei Greci una delle più popolose comunità storiche Arbëreshë che ancora conserva usi e costumi albanesi.
La Piana degli Albanesi ( per abbellimento tardivo chiamata dei Greci) sono territori agricoli presi in possesso dai bizantini dovε hanno installato Albanesi nel periodo di avanzata dei Turchi, a metà del 15simo secolo. Poi gestiti dai Veneti per vari secoli e luoghi di deportazione delle popolazioni del Peloponneso, albanesi sempre della Morea, oggi Peloponneso, trafugati nel 1715 dal porto Veneto di Methoni verso la Sicilia.
Le popolazioni erano servitù dei Veneti, Cristiani contrari alla sottomissione ai Turchi in arrivo, di etnia serba, rumena, e albanese. I greci e guerrieri Tsacones, sono rimasti sui monti del Peloponneso, comunque lontani dai conquistatori stranieri, che preferivano le pianure e i porti per controllare il commercio via mare e l’agricoltura dei campi fertili, limitandosi a soli contatti di scambio con i montanari partigiani indipendenti di natura.
Le popolazioni entrate dal Peloponneso in Sicilia, hanno mantenuto i loro tratti duri, carattere culturalmente combattivo, fiero, guerriero, tipico dell’oriente ellenico in fermento di libertà, di giustizia sociale, di comunitarismo politico acuto, dal quale provengono e inseriscono storicamente in Sicilia con i motti e anche nel sud Italia ovunque vengono da immigrati organizzati.
Il mio commento intende mettere ancora una volta luce sul fenomeno delle contaminazioni culturali grazie al flusso continuo di popolazioni tra le due penisole gemelle, Italiana e Balcanica, e perciò di lettura storica interdipendente, accomunata lungo tutta la storia di civiltà.
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